Con la Legge 24 marzo 2001, n. 89, c.d. legge Pinto, è stato introdotto nel nostro ordinamento un procedimento per il risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, derivanti dall’irragionevole durata del processo.In altri termini, il cittadino, quando un procedimento di natura civile, penale, amministrativa, fallimentare e tributaria dura più di quanto dovrebbe, può richiedere alla Stato il pagamento dei danni quantificati in una somma di denaro, non inferiore a 400 euro e non superiore a 800 euro, per ciascun anno o frazione di anno superiore a 6 mesi. Nello specifico i tempi di ragionevole durata previsti dal legislatore sono i seguenti:3 anni per i procedimenti di primo grado;2 anni per i procedimenti di secondo grado;1 anno per il giudizio di legittimità;3 anni per i procedimenti di esecuzione forzata( i procedimenti di esecuzione vengono considerati distintamente rispetto a quelli di cognizione e conseguentemente i termini devono essere sommati );6 anni per le procedure concorsuali.Al verificarsi di tali condizioni, anche se è terminato solo il giudizio di primo grado,si può presentare ricorso alla Corte di Appello, competente per territorio ( trattasi di competenza inderogabile) la quale entro due anni deve decidere.L’indennizzo non può essere concesso nei seguenti casi:in favore della parte soccombente condannata per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c.;nel caso in cui il Giudice abbia accolto la domanda in misura non superiore all’eventuale proposta conciliativa a norma dell’art. 91, comma 1, c.p.c.;quando il provvedimento che definisce il giudizio corrisponde interamente al contenuto della proposta formulata dal mediatore nel corso del procedimento di mediazione ex art. 13, comma 1, D.Lgs. n. 28/2010;nel caso di estinzione del reato per intervenuta prescrizione connessa a condotte dilatorie della parte;quando l’imputato non ha depositato l’istanza di accelerazione del processo penale nei 30 giorni successivi al superamento dei termini ex art. 2-bis;in ogni caso di abuso dei poteri processuali che abbia determinato un’ingiustificata dilazione dei tempi del procedimento;quando, per effetto del pregiudizio, la parte ha conseguito dei vantaggi patrimoniali eguali o maggiori rispetto alla misura dell’indennizzo.L’art. 4, L. 24/03/2001, n. 89 prevede che il ricorso deve essere depositato entro 6 mesi dalla conclusione in via definitiva del processo, tuttavia recentemente la norma è stata dichiarata parzialmente incostituzionale, prevedendo la possibilità di proporre la domanda di equa riparazione anche in pendenza di procedimento (Corte cost. 26/04/2018, n. 88).
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